I surfisti di internet

Per chi lo legge oggi, questo libro è una nostalgica ma interessante descrizione dell’Internet degli albori. dei primi utenti che come esploratori navigavano in terre sconosciute, nuove ed interessanti. In forma di diario, è una narrazione dell’internet pioniereistica, diversa dall’internet attuale commerciale ed invasa da una quantità infinita di pubblicità, si trattava di una rete formata da contenuti, priva delle luci, dei suoni e degli effetti speciali che siamo abituati a navigare navighiamo oggi. Il diario di questa prima navigatrice ci fa rivivere lo spirito anarchico dei suoi primordi, dell’internet immaginata dal suo inventore, Tim Berners-Lee, ci fa incontrare i personaggi che la popolavano, hackers, phreakers, scrittori e scienziati, giocatori. Il suo diario di bordo ci fa conoscere le regole su cui si basava, la sua lingua, la sua etica anarchica, le sue trasgressioini. Nelle sue descrizioni ci fa rimpiangere un’epoca in cui aziende e industrie non l’avevano ancora trasformata nel paese dei balocchi che conosciamo e navighiamo oggi, una rete che purtroppo ha completamente perso il suo significato originale e che si è trasformata in un grandissimo negozio virtuale in cui si può comprare e trovare ogni cosa ma completamente priva di valori etici, di passione, di contenuti, piena di spazzatura e fake news.

Il killer della metropolitana

locandina

Il thriller, horror, splatter che tenta di imitare lo stile di Tarantino, conosciuto anche con il titolo “Prossima fermata: linferno”, del regista giapponese Ryuhei Kitamura, mi ha francamente molto deluso. La trama abbastanza improbabile vede degli squartatori che uccidono in maniera truculenta all’interno di un vagone della metropolitana di Manhattan, senza che nessuno si accorga di nulla, salvo un fotografo di street art notturna, che decide di indagare ed andare fino in fondo. Oltre ad essere abbastanza inverosimile, la trama è anche fiacca e inconcludente, l’ispirazione allo stile tarantiniano è solo una pallida e inutile imitazione, con scene di sangue poco realistiche ed effetti speciali inituli e di bassa qualità, non necessari per la trama. Il finale decisamente ficco e abbastanza insensato. Complessivamente uno spreco di bravi attori in un film splatter inutile e pretenzioso che non porta nulla al genere, privo di mordente che non genera paura e terrore ma solamente noia in un susseguirsi di inutili scene di squartamenti a supporto di una trama debole, poco fantasiosa con un finale ancor più squallido e deludente. Sconsigliato anche agli amanti del genere. 103 minuti di vita sprecati.

L’imperatore di Ocean Park

Un thriller d’esordio ben scritto, una trama interessante, personaggi ben delineati, un’ambientazione ben descritta, scritto in un linguaggio chiaro ma al contempo ricercato che pone giustamente l’autore in testa alle classifiche americane dei best seller. Autore di colore così come i suoi personaggi, è ambientato nell’alta società di una cittadina americana. La trama è intrigante e misteriosa. Il padre del protagonista, giudice nero della corte federale, è diventato paranoico da quando la figlia è morta in un incidente stradale, ed egli ha deciso di scoprire chi è il pirata della strada che gliel’ha portata via, arrivando fino al suicidio. Il protagonista quindi è costretto a ritornare alla città natale per il funerale, durante il qualela la sorella gli confida che il padre potrebbe essere stato ucciso. Inizia così per lui la ricerca della verità, come in una partita a scacchi, gioco di cui è appassionato, verità che si cela in tutti i misteri che sono piovuti improvvisamente nella sua vita. L’autore calibra bene la trama, inserisce i colpi di scena nei momenti chiave della storia, rivela al lettore gli indizi mano a mano che il protagonista procede nella risoluzione dei misteri della propria famiglia. Si tratta di un’opera intrigante paragonabile a quelle di autori blasonati come Lars Kepler, seppur non raggiungendo, a mio avviso, le vette Di Stig Larson. Comunque consigliato a chi piace il genere.

Peppermint – l’angelo della vendetta

Classico thriller a tema vendetta. L’unico aspetto rilevante è che la protagosista è una donna. Il cattivo di turno stermina la sua famiglia e lei decide di vendicarsi, in quanto la polizia insabbia l’accaduto per “insufficienza di prove”. Jennifer Gardner interpreta la protagonista, che, persa la propria famiglia, passa alcuni anni ad addestrarsi per vendicarsi, sterminando tutti gli appartenenti al complotto che ha causato la morte di suo marito e della figlia. La trama non è sicuramente una novità, la metodica preparazione e lo studio della vendetta, neppure. L’unico fatto rilevante è che a compierla sia una donna, rispetto ad altri mille film del genere. La Gardner impersona bene l’angelo della morte che compie la strage. Gli effetti speciali sono calibrati bene, le morti non si contano. Complessivamente un film guardabile, un po’ sopra la media del genere.

V13

Un saggio molto particolare che racconta la cronaca del processo agli attentatori superstiti degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. L’autore, Emmanuel Carrère, ha seguito direttamente per dieci lunghissimi mesi il processo, denominato V13, entrando nell’aula in legno bianco allestita appositamente per questo processo. Ha ascoltato pazientemente le terrificanti testimonianze dei sopravvissuti del Balcan, dello Stade de France, dei bistrot presi di mira dagli attentatori; ha preso appunti precisi, scrivendo un libro terrificante raccontando le sensazioni, le impressioni, i pensieri emersi durante l’ascolto dei resoconti dei testimoni dei terribili avvenimenti. Si tratta di un libro particolare, diverso dai soliti saggi, una testimonianza dell’orrore, della paura e del terrore provato dai protagonisti, dai famigliari, dalle forze dell’ordine causate dagli attentati. Un libro claustrofobico che descrive molto bene anche l’atmosfera claustrofobica densa di dolore che si respirava nell’aula del processo. Un’atmosfera fredda e terribile, un ambiente asettico, un’aria intrisa di dolore, paura e terrore, sconforto, rabbia, vendetta. E’ la descrizione di un processo che pochissime persone, oltre all’autore, hanno avuto la forza, la costanza, la determinazione a seguire quotidianamente per così lungo tempo. Ne emerge un racconto impressionante, una descrizione dei fatti terribile, che in Italia la stampa, la tv, internet, hanno raccontato per un periodo breve e in modo superficiale. Sono venuto così a conoscenza della reale portata di quegli attacchi di cui avevo un’idea vaga e che ritenevo, come molti, penso, di poco conto con poche vittime e pochi feriti. E’ un’opera diversa dal soliti resoconti di fatti e avvenimenti, di non facile lettura, di atmosfera cupa ma interessante da leggere per rendersi conto di quanto i mainstream siano in grado di manipolare, esaltare e sminuire qualunque fatto e avvenimento a piacere, seguendo gli interessi del potente padrone di turno, che può così manipolare la verità a proprio uso e consumo.

John Wick 4

Quarto capitolo della saga dedicata al killer John Wick, interpretato da Keanu Reeves. Come nei precedenti della saga il numero di morti, feriti, massacrati non si conta. Gli effetti speciali sono degni del miglior Tarantino, le scene splatter sono innumerevoli. Alcuni combattimenti ricordano quelli all’interno del labirinto di specchi del film “I tre dell’operazione drago”. Per il resto non aggiunge molto a quanto visto nei precedenti film della serie, se non che fin dall’inizio si intuisce quale sarà la conclusione. C’è qualche colpo di scena in più, il combattimento con un sicario ceco in pensione che ricorda il combattente spadaccino di “Furia cieca” all’epoca interpretato da Rutger Hauer. Sono presenti altre sottili citazioni di precedenti film del genere, non so se come tributi o per la mancanza di nuove idee. Carino il duello finale in stile mezzogiorno di fuoco. La filosofia di base, la setta degli assassini della gran tavola e il resto si sono già ampiamente visti nei film precedenti. Adatto ai fan e a chi vuole passare un paio d’ore di relax in spensieratezza.

Oppheneimer

Un film biografico sugli studi di fisica, la direzione del progetto Manhattan, i test, la realizzazione della bomba atomica, il suo lancio sulle due città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki, il cambio di prospettiva riguardo le bombe atomiche e la caduta in disgrazia di Robert Oppenheimer. Interpretazioni eccezionali, regia fantastica, cast stellare, effetti speciali incredibili sono il marchio di fabbrica dei film diretti da Christopher Nolan, in particolare di questa opera sul padre della bomba atomica, che ha riscpontrato un grande successo di pubblico e basata sulla biografia di Kai Bird e Martin J. Sherwin. Il fim è molto coinvolgente e le tre ore di durata non si fanno sentire. Non avendo letto la biografia da cui è tratto, non so quanto sia aderente ad essa e quanto sia realistico da un punto di vista storico. Certo è molto interessante in particolare il cambiamento di pensiero di Robert riguardo lo sviluppo di armi nucleari e come venga poi screditato per le sue opinioni, nel periodo iniziale della guerra fredda con il blocco sovietico. In ogni caso è un film interessante per capire come venne gestito il progetto Manhattan, quali furono gli investimenti e gli sforzi americani per realizzarlo e a cosa esso poi abbia portato. Decisamente da guardare con attenzione per quanto fa riflettere sulla nazione più potente al mondo, la sua egemonia, la sua economia basata soprattutto sulle guerre, la sua ideologia di controllo espansionistico.

Aggiustare il mondo. La vita, il processo e l’eredità di Aaron Swartz

Il docente di informatica giuridica dedica quest’opera biografica ad Aaron Swartz, geniale hacker informatico cresciuto nei sobborghi di Chicago, che ha contribuito alla creazione dell’accesso libero ai dati e alle licenze libere come open access e creative commons e che poi finito nelle grinfie del sistema giudiziario statunitense ne è stato stritolato e portato al suicidio l’11 gennaio 2013 all’età di 27 anni. E’ un’opera illuminante su un genio dell’informatica che già da ragazzino è riuscito a collaborare con studiosi come Tim Berner Lee e Lawrence Lessig per creare le architetture informatiche e le licenze d’uso del futuro. Ziccardi scrive con passione ed enfasi le gesta e la lotta compiute da Aaron, cerca di renderne merito e giustizia descrivendo anche come si sia trovato suo malgrado a dover combattere contro il sistema giuridico statunitense, che lo ha maltrattato stritolandolo e portanodolo fino al suicidio. E’ un’opera importante perché descrive anche le idee, le aspirazioni, i desideri e le passioni del giovane attivista, illustrando le sue idee sull’uso libero dei dati, dei documenti di testo, ecc. Porta in qualche modo avanti le aspirazioni di Aaron, le sue tesi, le sue intuizioni, le sue conquiste, facendole conoscere al grande pubblico e mettendo a nudo le idiosincrasie e le ingiustizie di un sistema giuridico, quello americano, che stritola chiunque finisca nel suo mirino, anche se per azioni giuste e corrette. Consigliato. Intervista con l’autore

Text to kill

Thriller classico già visto più volte: uno stalker perseguita la protagonista con messaggi di testo minacciandola di rivelare a tutti il suo segreto. La vicenda si svolge in un paesino americano dove la protagonista si è trasferita in seguito all’incidente in cui ha tragicamente perso il padre. I personaggi sono stereotipati, adolescenti in crisi alle prime esperienze amorose. Il tema del revenge porno è buttato lì per riempire una sceneggiatura pessima, senza approfondirlo e svilupparlo. Il ragazzo esperto in informatica si offre di aiutare la protagonista a scoprire chi la stolkerizza. L’ex fidanzato è il primo sospettato, ovviamente non il colpevole. La trama è ridicola, anche un bambino capirebbe subito chi è lo stalker. Il finale è scontato e telefonato. Non arriva nemmeno alla sufficenza.

Figlia della cenere

Quarto romanzo di Ilaria Tuti con protagonista il commissario Teresa Battaglia. L’ambientazione scelta è quella della città di Aquileia, piena di tesori e custode di una storia millenaria. Questa volta il commissario deve affrontare le proprie origini, indagare sul rittrovamento di alcuni pezzi d’ossa in un antico mosaico nella chiesa di Aquileia. Il romanzo è stato scritto durante la pandemia, che rendendo difficili gli spostamenti ha messo a dura prova la necessità dell’autrice di recarsi nei luoghi della narrazione per emozionarsi, esplorare l’ambiente, percepirne sapori e odori. E’ comunque riuscita a destreggiarsi fra zone gialle e zone rosse, scrivendo un’opera più introspettiva, in cui la protagonista Teresa, oltre ad indagare sul mistero della presenza dei pezzi d’ossa nel mosaico, immerso nei secoli di storia del museo all’interno della chiesa di Aquileia, deve fare i conti con sé stessa, con le proprie difficoltà, con il cedimento del proprio corpo e delle proprie facoltà intellettive, facendole capire che non le resta molto tempo, che la usa malattia sta progredendo e portandola a chiedersi se non sia il caso di ritirarsi, facendole dubitare di essere ancora capace di dare un apporto investigativo efficace alla propria squadra. Scritto con il suo solito stile ricercato nei termini e nell’uso del linguaggio, figlia della cenere ci fa riflettere sulla caducità dell’esistenza umana, sulle sue imperfezioni, sui suoi difetti e sui suoi limiti fisici e temporali. Come sempre Ilaria Tuti mette nell’opera tutta sé stessa, regalandoci un’altra perla della letteratura italiana.