La prima vita di Heshel Rosenheim
“Un giorno come tutti gli altri. Le persone venivano uccise ogni ora nei campi. Le forche non erano mai vuote. Ogni notte le camere a gas straboccavano. E non c’era un solo minuto in cui i crematori non vomitassero fuori le loro fetide nubi di fumo umano. Era normale. Niente di cui preoccuparsi.” Basta questa frase emblematica, tratta direttamente dalle pagine del libro, per rendersi conto di quale sia l’argomento. La follia della guerra, dei campi di concentramento, dello sterminio, dell’olocausto, in cui il protagonista, figlio di un ebreo, improvvisamente viene catapultando leggendo i diari del padre in fin di vita. Parla della normalità del male, quella normalità che l’umanità avrebbe dovuto estirpare dalla vita quotidiana di tutti, e che invece è tornata oggi, anche se sotto forma diversa, in un periodo “di pace”, per modo di dire. Un libro attualissimo e sconvolgente, un mondo visto dalla mente del protagonista, distorta dall’incubo in cui è precipitata, mente di un protagonista che non sa più di chi è figlio, di quli siano le sue origini, la storia della sua famiglia. Agghiacciante.