Il prigioniero
Un confronto fra la serie originale, scritta e diretta da Patrick McGoohan, e il remake interpretato da James Caviezel, nel ruolo che era ovviamente di Patrick. Si tratta di una serie fantapolitica britannica, in cui un agente segreto, appena date le dimissioni viene rapito e trasportato come prigioniero in un villaggio misterioso, dove viene sottoposto a tutti i possibili trattamenti, dalla tortura psicologica alle droghe, per conoscere il motivo delle sue dimissioni. In piena guerra fredda, la serie è incentrata sui tentativi di fuga del “prigioniero”, contrapposti a quelli del capo villaggio che vuole conoscere la verità sui motivi che hanno spinto l’ex agente a lasciare il servizio. Tutta l’avventura, vista più o meno con gli occhi del protagonista, è completamente surreale e allucinatoria, per rendere la sensazione claustrofobica provata dall’uomo e il suo desiderio indicibile di fuga. Notevole l’ambientazione del villaggio in cui è rinchiuso McGoohan, nel quale le giornate si svolgono tutte uguali, in cui gli abitanti sembrano essere tutti spie che spiano tutti, e la presenza di telecamere in ogni dove, realizzando il sogno visionario di un mondo orwelliano supportato da tecnologie moderne. Effetti speciali notevolissimi per l’epoca, al servizio di un’inquietante e surreale trama, dosati in modo efficace ed equilibrato. In particolare è riuscito molto bene quello della grande sfera bianca di gomma che ingloba “il prigioniero” in ogni tentativo di fuga, riportandolo dentro il villaggio. Il tutto genera notevoli spunti di riflessione sulla nostra vita quotidiana, dominata da tecnologie di ripresa, sorveglianza, geo localizzazione e tracciamento delle abitudini decisamente reale e inquietante almeno quanto l’atmosfera di questa serie tv. Notevoli sono anche i messaggi di controcultura tipici dell’epoca e una splendida sigla di chiusura, in cui è presente sovrimpressa al villaggio la faccia del protagonista che si avvicina alla macchina da presa come se fuggisse da esso, ma poi all’ultimo minuto un cancello si chiude davanti ad essa. Una serie decisamente cult.
Non altrettanto riuscito è il remake, ambientato sempre in un villaggio isolato dal mondo, in cui la gente vive completamente “condizionata” a credere che quello sia il mondo e non ci sia nulla al di fuori del villaggio. Riprende i temi della serie originale declinandoli in un mondo futurista, sempre completamente controllato da videocamere e microfoni in ogni dove, in cui nessuno è chi dice di essere e in cui tutti hanno il sospetto che il proprio vicino sia una spia. Purtroppo gli effetti speciali troppo futuristi, il villaggio mal costruito non riescono a rendere l’atmosfera claustrofobica originale, i personaggi sono troppo stereotipati, la trama risulta piatta e un po’ sconclusionata, il finale insulso. Complessivamente deludente rispetto un originale veramente azzeccato e claustrofobico. Occasione sprecata.