V13

Un saggio molto particolare che racconta la cronaca del processo agli attentatori superstiti degli attentati di Parigi del 13 novembre 2015. L’autore, Emmanuel Carrère, ha seguito direttamente per dieci lunghissimi mesi il processo, denominato V13, entrando nell’aula in legno bianco allestita appositamente per questo processo. Ha ascoltato pazientemente le terrificanti testimonianze dei sopravvissuti del Balcan, dello Stade de France, dei bistrot presi di mira dagli attentatori; ha preso appunti precisi, scrivendo un libro terrificante raccontando le sensazioni, le impressioni, i pensieri emersi durante l’ascolto dei resoconti dei testimoni dei terribili avvenimenti. Si tratta di un libro particolare, diverso dai soliti saggi, una testimonianza dell’orrore, della paura e del terrore provato dai protagonisti, dai famigliari, dalle forze dell’ordine causate dagli attentati. Un libro claustrofobico che descrive molto bene anche l’atmosfera claustrofobica densa di dolore che si respirava nell’aula del processo. Un’atmosfera fredda e terribile, un ambiente asettico, un’aria intrisa di dolore, paura e terrore, sconforto, rabbia, vendetta. E’ la descrizione di un processo che pochissime persone, oltre all’autore, hanno avuto la forza, la costanza, la determinazione a seguire quotidianamente per così lungo tempo. Ne emerge un racconto impressionante, una descrizione dei fatti terribile, che in Italia la stampa, la tv, internet, hanno raccontato per un periodo breve e in modo superficiale. Sono venuto così a conoscenza della reale portata di quegli attacchi di cui avevo un’idea vaga e che ritenevo, come molti, penso, di poco conto con poche vittime e pochi feriti. E’ un’opera diversa dal soliti resoconti di fatti e avvenimenti, di non facile lettura, di atmosfera cupa ma interessante da leggere per rendersi conto di quanto i mainstream siano in grado di manipolare, esaltare e sminuire qualunque fatto e avvenimento a piacere, seguendo gli interessi del potente padrone di turno, che può così manipolare la verità a proprio uso e consumo.

Fiori sopra l’inferno – i casi di Teresa Battaglia

Serie tv in sei puntate tratta dal romanzo “Fiori sopra l’inferno” della scrittrice friulana Ilaria Tuti, anche consulente durante le riprese, fatte nei luoghi originali del romanzo. Protagonista la bravissima attrice Elena Sofia Ricci che a mio avviso riesce ad immedesimarsi perfettamente nel personaggio di Teresa Battaglia, donandole un tocco personale che la rende umana e reale. E’ a mio parere una delle poche produzioni italiane degne di nota degli ultimi anni, in cui gli attori non sembra che “recitino”. Penso, anche alla sapiente consulenza dell’autrice, coinvolta in tutte le fasi della produzione, che si tratti di una bella riduzione televisiva di un romanzo giallo di successo. Tutti gli attori sono immersi nella parte e donano realismo ai propri personaggi, le location friulane sono scelte accuratamente rispettando la trama del romanzo. Anche le comparse, reali abitanti del paese in cui si svolge la vicenda, recitano bene, pur essendo alla loro prima interpretazione. Elena Sofia interpreta divinamente Teresa Battaglia che giganteggia con arroganza nella storia, proprio come fa il personaggio del romanzo della Tuti, mantenendo però la propria umanità, combattendo non solamente contro il tempo e l’assassino del romanzo, ma anche contro i propri demoni interiori. Complessivamente un’opera televisiva ben riuscita, un giallo avvincente che tiene lo spettatore legato al teleschermo fino allla fine, da non perdere, consigliato anche a chi non ama il genere giallo

RAI – sempre peggio

ipalinsesti fallaci

La RAI dimostra di fornire un servizio che peggiora nel tempo invece di migliorare. E il pensiero che in parte sia finanziata da soldi pubblici e da un canone estorto legalmente la rende una cosa ancora peggiore. L’ultimo episodio in ordine cronologico riguarda la trasmissione su RAI Sport delle semifinali scudetto di pallavolo femminile.
Nonostante lo sbandieramento e la pubblicità di RAI per lo sport, alla fine la programmazione non solo è carente, ma addirittura fraudolenta. Inizialmente hanno pubblicizzato la trasmissione della semifinale di gara 3, per poi non soltano non trasmetterla, ma mostrarla nel palinsesto, come da foto dell’articolo. Perdere i diritti di trasmissione e poi scegliere di non mostrarla, illudendo il proprio pubblico mancando di aggiornare tempestivamente i propri palinsesti è cosa che supera l’indecenza. Una pessima caduta di stile e una pessima pubblicità, oltre che un palinsesto sempre più misero decreteranno inevitabilmente l’abbandono degli spettatori a favore di altre piattaforme che almeno in cambio di un abbonamento libero garantiscono un servizio decente.

Killing eve

Serie tv britannica geniale. Una storia di spionaggio, sangue, amore, rapporti umani, oscurità degna del miglior Tarantino. Personaggi azzeccatissimi tratteggiati da attrici ed attori di bravura spaziale. Opera pervasa di sottile ironia, divertente ed inquietante allo stesso tempo che mette in luce il carattere ambiguo dei personaggi attraverso le scelte che fanno, mostrando i sentimenti di ciascuno in maniera splendida. Le attrici protagoniste sono dei mostri di bravura, dirette magistralmente mettono in luce sfacettature caratteriali sottili e profonde allo stesso tempo. Sono rappresentai i drammi dell’esistenza umana di molti paesi, viene messa in mostra la natura umana stessa negli aspetti più profondi. La trama fa da sottofondo alle angosce, alle paure, ai sentimenti dei personaggi che si muovono in un teatrino che è la metafora della vita stessa. Effetti speciali sapientemente dosati per una trama geniale che si snoda in vari paesi, mostrando diverse realtà, usi e costumi. Capolavoro.

Manifest

Una serie tv che inizia bene con un aereo misteriosamente scomparso e ritornato 5 anni dopo, che però si perde in complessi e inspiegabili fenomeni paranormali in un inestricabile trama, diventando ben presto noiosa e difficile da seguire. Dopo le prime puntate ho smesso di seguirla, sia per la pesantezza e noiosità che per l’inutile complicanza della vicenda che, in seguito al commento degli autori che accennano giù ad un plot di sei stagioni, al timore che faccia la fine di lost: un sottovuoto spinto di nulla. Peccato, ma temo sia un’occasione mancata.

Absentia

Locandina Absentia
La protagonista della serie tv Absenzia, Stana Katic

Una nuova appassionante serie thriller con la protagonista femminile di Castle, Stana Katic. La prima stagione mi è piaciuta tanto da guardarne le dieci puntate in apne, una in fila all’altra. La seconda, naturale proseguimento della precedente procede con un ritmo meno assillante ed ha una trama più scontata. Bravissima la protagonista ad interpretare un’agente FBI spaesata e confusa dopo aver passato sei anni rapita e non ricordando nulla del periodo. La trama noir e il ritmo frenetico ne fanno una delle più belle serie uscite negli ultimi anni. Ottima.

il gioco dell’illusione

Il thriller più insulso della storia del cinema. Pessimo: più stupido della peggior puntata di “scherzi a parte”. Attori fuori parte e non credibili, trama insulsa, sceneggiatori a corto di idee che scopiazzano dai film del genere, finale scontato. Protagonista non credibile che scopre il complotto ai propri danni e non si preoccupa nemmeno di fare delle foto come prova di ciò che mano a mano scopre, più sciocca del protagonista di “The truman show”. Finale scontato e ridicolo. Regia senza senso. Non farebbe paura nemmeno ad un bambino delle elementari. Peggio che inguardabile: si dovrebbe denunciare i produttori per ottenere un rimborso per il tempo perso a guardarlo e la RAI per aver avuto il coraggio di trasmetterlo, pagandolo con i soldi dei contribuenti.

Immaturi

Due film, una serie tv. L’idea di partenza è molto carina: causa la falsa laurea di un commissario di esame, tutti gli esami di maturità di quella commissione sono annullati e vanno rifatti. Un po’ l’incubo ricorrente di tutti gli adulti che ci sono passati. Il film racconta quindi la disavventura di un gruppo di trentenni costretti a risostenere l’esame di maturità. Si ritrovano dopo una quindicina d’anni, con le vite cambiate, ciascuno con la  propria storia, le proprie paure e insicurezze che emergono mano a mano che si ritrovano a studiare assieme come ai tempi del liceo. C’è il trentenne secchione che vive ancora con i genitori che possiede un’agenzia immobiliare che rischia di perdere senza la maturità, la proprietaria di un ristorante ninfomane che frequenta un gruppo di sostegno per smettere di avere rapporti sessuali promiscui e occasionali, due eterni ragazzi che non sono cresciuti, uno che lavora come speaker in una radio e tiene un programma notturno intitolato voglio tornare a…, l’altro proprietario di un video noleggio. La moglie di un riccone in crisi matrimoniale con figlia a carico….  il secondo film, intitolato il viaggio, è una specie di sequel in cui il gruppo decide di ripetere l’esperienza fatta vent’anni prima dell’esame di maturità: un viaggio assieme. Infine la serie, ispirata al film porta all’estremo l’idea iniziale, in cui il gruppo è addirittura costretto a rifrequentare l’intero ultimo anno di liceo, trovandosi dunque in classe con ragazzi di vent’anni più giovani e docenti coetanei, con tutte le disavventure del caso. Gli attori sono molto bravi a dare spessore caratterizzando i personaggi che interpretano, velando di malinconia e tristezza la comicità del film. Ore di svago esilarante, con approfondimenti psicologici in cui ciascuno di noi può rispecchiarsi. Notevole.

 

Non Uccidere

Una serie tv italiana fuori dagli schemi tradizionali. La scelta cromatica di colori tenui, l’atmosfera plumbea, l’ambientazione di una Torino claustrofobica afferiscono alla serie una drammaticità molto forte. La trama cruda e realistica, le motivazioni dei personaggi e la loro umanità, la loro fallibilità, il loro cedere alle passioni e alle emozioni, la loro mancanza di controllo e razionalità forniscono realismo al tutto. Sullo sfondo della vita del personaggio principale, una tormentata ispettrice della polizia di Torino, si innestano le trame dei singoli episodi, omicidi efferati e violenti che la protagonista con accanimento e abnegazione risolve parteggiando sempre per i più deboli: gli innocenti. La cosa che colpisce di più e che secondo me è il vero valore aggiunto della serie è la messa in scena della meschinità, dell’egoismo e dello squallore della classe medio borghese Torinese, di cui fanno parte gli assassini dei singoli episodi. Il quadro che ne esce è paurosamente desolante ma realistico e ci fa capire il vero volto della società italiana in cui viviamo oggi. Da guardare sapendo che si va incontro a drammi a tinte forti

Il prigioniero

Un confronto fra la serie originale, scritta e diretta da Patrick McGoohan, e il remake interpretato da James Caviezel, nel ruolo che era ovviamente di Patrick. Si tratta di una serie fantapolitica britannica, in cui un agente segreto, appena date le dimissioni viene rapito e trasportato come prigioniero in un villaggio misterioso, dove viene sottoposto a tutti i possibili trattamenti, dalla tortura psicologica alle droghe, per conoscere il motivo delle sue dimissioni. In piena guerra fredda, la serie è incentrata sui tentativi di fuga del “prigioniero”, contrapposti a quelli del capo villaggio che vuole conoscere la verità sui motivi che hanno spinto l’ex agente a lasciare il servizio. Tutta l’avventura, vista più o meno con gli occhi del protagonista, è completamente surreale e allucinatoria, per rendere la sensazione claustrofobica provata dall’uomo e il suo desiderio indicibile di fuga. Notevole l’ambientazione del villaggio in cui è rinchiuso McGoohan, nel quale le giornate si svolgono tutte uguali, in cui gli abitanti sembrano essere tutti spie che spiano tutti, e la presenza di telecamere in ogni dove, realizzando il sogno visionario di un mondo orwelliano supportato da tecnologie moderne. Effetti speciali notevolissimi per l’epoca, al servizio di un’inquietante e surreale trama, dosati in modo efficace ed equilibrato. In particolare è riuscito molto bene quello della grande sfera bianca di gomma che ingloba “il prigioniero” in ogni tentativo di fuga, riportandolo dentro il villaggio. Il tutto genera notevoli spunti di riflessione sulla nostra vita quotidiana, dominata da tecnologie di ripresa, sorveglianza, geo localizzazione e tracciamento delle abitudini decisamente reale e inquietante almeno quanto l’atmosfera di questa serie tv. Notevoli sono anche i messaggi di controcultura tipici dell’epoca e una splendida sigla di chiusura, in cui è presente sovrimpressa al villaggio la faccia del protagonista che si avvicina alla macchina da presa come se fuggisse da esso, ma poi all’ultimo minuto un cancello si chiude davanti ad essa. Una serie decisamente cult.
Non altrettanto riuscito è il remake, ambientato sempre in un villaggio isolato dal mondo, in cui la gente vive completamente “condizionata” a credere che quello sia il mondo e non ci sia nulla al di fuori del villaggio. Riprende i temi della serie originale declinandoli in un mondo futurista, sempre completamente controllato da videocamere e microfoni in ogni dove, in cui nessuno è chi dice di essere e in cui tutti hanno il sospetto che il proprio vicino sia una spia. Purtroppo gli effetti speciali troppo futuristi, il villaggio mal costruito non riescono a rendere l’atmosfera claustrofobica originale, i personaggi sono troppo stereotipati, la trama risulta piatta e un po’ sconclusionata, il finale insulso. Complessivamente deludente rispetto un originale veramente azzeccato e claustrofobico. Occasione sprecata.